Popolazione LGBTQ e salute: perché la prevenzione oncologica deve essere inclusiva

Le persone che fanno parte della community LGBTQIA+ hanno un rischio maggiore di ammalarsi di cancro rispetto alla popolazione generale. Non si tratta di una questione biologica ma di un insieme di fattori sociali e culturali che ancora oggi creano barriere all’accesso alla prevenzione e alle cure.

Come evidenziato da Fondazione AIRC (Le persone LGBTQ+ sono più colpite dal cancro. Perché e cosa possiamo fare?”, 2025), chi appartiene alla community LGBTQIA+ rinuncia più spesso a visite ed esami per paura di discriminazioni o per esperienze negative con il personale sanitario. Questo porta a diagnosi tardive e quindi a terapie più complesse e meno efficaci.

Un esempio concreto riguarda la vaccinazione contro l’HPV (Papillomavirus) e gli screening collegati: le persone transgender o non binarie spesso non vengono raggiunte dalle campagne di prevenzione, perché queste sono pensate in modo binario e non inclusivo.

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Lo stesso vale per i controlli oncologici come mammografie, pap test o visite urologiche: il linguaggio e la comunicazione sanitaria rischiano di escludere chi non si riconosce nei modelli tradizionali.

C’è poi un altro aspetto da non sottovalutare: lo stress minoritario, cioè la pressione psicologica costante dovuta a stigma e marginalizzazione. Questo non solo incide sul benessere mentale ma può influire anche sul sistema immunitario e aumentare fattori di rischio per la salute.

Cosa possiamo fare per migliorare l’accesso ai servizi sanitari per le persone LGBTQIA+?

  • Formare il personale sanitario a un approccio rispettoso e consapevole delle diverse identità di genere e orientamenti sessuali.
  • Ampliare le campagne di prevenzione rendendole inclusive e pensate per tutti, senza lasciare indietro nessuno.
  • Comunicare in modo inclusivo, prediligendo linguaggi, moduli e materiali che rispecchino la pluralità delle esperienze e delle identità.
  • Promuovere politiche pubbliche che garantiscano pari accesso alle cure e alla prevenzione.

La salute è un diritto universale. Per questo parlare di diversity non è solo un tema sociale; significa salvare vite, garantendo a ogni persona la possibilità di prendersi cura di sé senza paura né ostacoli.

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Fonti

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